EMDR – Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso i movimenti oculari

 

Ho svolto recentemente una formazione in EMDR – dall’inglese Eye Movement Desensitization and Reprocessing (Desensibilizzazione e Rielaborazione Attraverso i Movimenti Oculari), un approccio psicoterapeutico ideato dalla psicologa californiana Francine Shapiro e utilizzato per il trattamento del trauma e di problematiche legate allo stress, soprattutto allo stress traumatico.

L’etimologia stessa della parola trauma deriva dal greco e vuol dire ferita. Il trauma psicologico, dunque, può essere definito come una ferita dell’anima, come qualcosa che rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo e che ha un impatto negativo sulla persona che lo vive. Esistono diverse forme di esperienze potenzialmente traumatiche a cui può andare incontro una persona nel corso della vita. Esistono i piccoli traumi o t, ovvero quelle esperienze soggettivamente disturbanti che sono caratterizzate da una percezione di pericolo non particolarmente intesa. Si possono includere in questa categoria eventi come un’umiliazione subita o delle interazioni brusche con delle persone significative durante l’infanzia. Accanto a questi traumi di piccola entità si collocano i traumi T, ovvero tutti quegli eventi che portano alla morte o che minacciano l’integrità fisica propria o delle persone care. A questa categoria appartengono eventi di grande portata, come ad esempio disastri naturali, abusi, incidenti etc.

Non tutte le persone che vivono un’esperienza traumatica reagiscono allo stesso modo, le risposte subito dopo uno di questi eventi possono essere moltissime e variare dal completo recupero e il ritorno a una vita normale in un breve periodo di tempo, fino alle reazioni più gravi, quelle che impediscono alla persona di continuare a vivere la propria vita come prima dell’evento traumatico. In entrambe le tipologie di trauma, T o t, non sono state riscontrate a livello emotivo particolari differenze.

Come funziona? L’EMDR si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica e utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione bilaterale alternata per trattare disturbi legati direttamente all’esperienza traumatica o stressante dal punto di vista emotivo.

Dopo una o più sedute di EMDR, i ricordi disturbanti legati all’evento traumatico hanno una desensibilizzazione, perdono la loro carica emotiva negativa. Il cambiamento è molto rapido, indipendentemente dagli anni che sono passati dall’evento. Durante le sedute di EMDR si attivano entrambi i processi man mano che si procede con i movimenti oculari: la desensibilizzazione nei confronti del ricordo dell’evento traumatico e la sua rielaborazione a livello emotivo, cognitivo e corporeo.

Il lavoro con l’EMDR sfrutta il naturale sistema di elaborazione adattiva dell’informazione, ovvero la capacità innata di autoguarigione del cervello. In una condizione guidata e protetta, l’intervento si focalizza sul ricordo disturbante per riattivarne e completarne l’elaborazione interrotta. Il materiale bloccato, che era rimasto intrappolato in forma implicita in reti neurali a sé stanti, con l’aiuto della stimolazione bilaterale e, in qualche caso, con opportuni interventi di sostegno da parte del terapeuta, può essere, finalmente, esplorato e ricollegato al resto delle informazioni a disposizione del cervello. Questo collegamento, che permette alle reti neurali relative all’esperienza traumatica di utilizzare il patrimonio di memoria funzionale da cui erano rimaste isolate, riattiva l’elaborazione e i processi di integrazione. In questo modo, l’insieme delle convinzioni negative, delle emozioni e delle sensazioni corporee, che era rimasto in forma implicita nel cervello, è esplicitato, reso consapevole, fruibile e integrabile con l’intero sistema.

Attualmente sto integrando la metodologia EMDR nel mio approccio terapeutico di riferimento, che è quello sistemico relazionale, ampliandolo e completandolo. L’ampia ricerca esistente sull’EMDR mette in evidenza come il nostro sistema nervoso abbia la capacità di autoproteggersi ma anche di autocurarsi e può essere sostenuto e stimolato in questo. Non voglio affermare che questo metodo sia la panacea per tutti i mali del mondo ma allo stesso tempo credo che possa essere un metodo psicoterapeutico rapido e facilmente integrabile in altri tipi di percorso, in modo particolare quelli a mediazione corporea in cui si ha frequentemente l’emersione di ricordi traumatici attraverso la stimolazione di esperienze di consapevolezza sensoriale. Le memorie traumatiche implicite sono spesso risvegliate da questi tipi di percorso e l’integrazione con un lavoro psicoterapeutico con l’EMDR può aiutare a sostenere e facilitare il processo integrativo della persona nella direzione di un aumento del benessere e della qualità di vita.

Le risorse a cui ho attinto per descrivere il metodo sono www.emdr.it e un articolo scientifico di Isabel Fernandez e Gabriella Giovannozzi: “EMDR ed elaborazione adattiva dell’informazione. La psicoterapia come stimolazione dei processi psicologici autoriparativi”, Riv Psichiatr 2012;47(2 Suppl. 1):4S-7S.

 

Mindfulness e Integrazione delle Esperienze di Vita

– considerazioni sul testo “Mindfulness e Cervello” di Daniel J. Siegel –

 

Diversi studiosi parlano delle potenzialità integrative della mindfulness, in particolare Daniel Siegel e i suoi collaboratori del Mindsight Institute, in California. Nel corso degli anni sono stati fatti diversi studi scientifici controllati e a livello neurofisiologico le ricerche presentano grandi sovrapposizioni. Il funzionamento della corteccia prefrontale sembra che abbia un ruolo centrale nell’effetto integrativo delle pratiche Mindfulness, e include nelle sue funzioni la regolazione corporea, il bilanciamento delle emozioni, la sintonizzazione con le altre persone, la modulazione della paura, la capacità di rispondere in modo flessibile agli stimoli, di avere insight e di provare empatia. La funzione della corteccia prefrontale è di tipo integrativo e lo sviluppo di circuiti di regolazione dà all’individuo una fonte di resilienza nel corso dello sviluppo, che assume la forma della capacità di auto-regolazione e dell’impegno con gli altri in relazioni empatiche. Questo è il focus di alcune recenti ricerche che esaminano il modo in cui i segnali che provengono dal cervello/corpo interagiscono con quelli delle altre persone nelle relazioni, nelle famiglie e nelle società.

Se consideriamo la Mindfulness come una forma di sintonizzazione interpersonale, arriviamo a pensare che l’integrazione neurale possa giocare un ruolo cruciale negli stati Mindfulness. L’integrazione neurale è la relazione che si stabilisce tra regioni cerebrali diverse che hanno differenti funzioni. Questa interconnessione a livello cerebrale permette una maggiore coordinazione ed equilibrio anche a livello funzionale. Quali funzioni vengono equilibrate?
1. La regolazione corporea
2. La comunicazione sintonizzata
3. L’equilibrio emotivo
4. La flessibilità di risposta
5. L’empatia
6. L’insight o consapevolezza cosciente di sé.
7. La modulazione della paura
8. L’intuizione: la saggezza del corpo è più di una metafora, è un meccanismo neurale per mezzo del quale elaboriamo modi di conoscenza profondi, che provengono dagli organi.
9. La moralità

L’integrazione neurale, oltre ad essere stimolata dall’attivazione della corteccia prefrontale mediale, può avvenire tra i due emisferi della corteccia. La coordinazione tra l’emisfero destro e sinistro nel plasmare il tono emotivo globale può essere una dimensione importante del modo in cui la consapevolezza mindful influisce sullo lo stile affettivo. Sembra che la Mindfulness favorisca comportamenti di avvicinamento con un incremento dell’attività elettrica frontale dell’emisfero sinistro. Metaforicamente, l’emisfero sinistro può avere una funzione di narratore e articolare linguisticamente la storia di vita di una persona, ma i beni nella memoria autobiografica sono conservati principalmente nell’emisfero destro. Detto questo, creare una storia coerente della propria vita, implica un’integrazione bilaterale dei due emisferi. Questo tipo di integrazione, consente di dare un senso logico coerente alla storia autobiografica di un individuo. Nella consapevolezza Mindful ci si focalizza spesso sugli aspetti del funzionamento corporeo. Se, quando si pratica Mindfulness, la mente è piena di chiacchiere verbali, si può supporre che ci sia una competizione neurale di base tra destra (sensazioni corporee) e sinistra (i pensieri verbali) con lo scopo di sfruttare le risorse del focus attentivo che si ha in quel momento. Questo potrebbe portare a un mutamento funzionale che allontana l’individuo dai fatti concettuali e linguistici e lo avvicina all’immaginazione non verbale e alle sensazioni somatiche dell’emisfero destro. Se questa narrazione, priva di parole, che assume la forma di un osservatore interno, è davvero una funzione dell’emisfero sinistro, allora possiamo supporre che lo stato mentale Mindful promuova l’integrazione dei due emisferi cerebrali, stimolando nella persona la costruzione di un senso di sé più integrato e la propensione per uno stile affettivo più sicuro.