Essere Oceano

 

Seduta sulla barca in mezzo all’oceano, con lo sguardo all’orizzonte semplicemente stavo. Restavo, testimone di qualcosa di inesplorato, un terreno sconosciuto, che attivava resistenza e paura: il panorama delle onde di fronte a me. Qualcosa mi richiamava sentimenti profondi, una sensazione indeterminata, un contatto con qualcosa che era già dentro di me da tempo, forse da sempre. Iniziavo a praticare spontaneamente la consapevolezza delle sensazioni.

Il movimento incessante e inarrestabile, sentirsi in balìa di qualcosa più grande, che non riuscivo a contenere o a dominare. Stavo scegliendo di fare qualcosa di diverso: accogliere invece che lottare. L’oscillazione delle onde che provoca nausea e stordimento non era più un nemico ma qualcosa da esplorare, verso cui tendere.

Paura, confusione, sorpresa, meraviglia, pensieri vagabondi. Non c’era più terra ma solo acqua, acqua dappertutto, solo acqua: movimento infinito e incontrollabile. Cambiamento costante.

Io restavo. Aspettavo. Accoglievo.

Non avevo scelta: indietro non potevo tornare. L’eco delle onde si faceva via via più ampio, fino a superare i confini della pelle, fino a creare contatto, un passaggio, un’apertura, fino a fondersi con le sensazioni, fino a confondermi con l’oceano.